Il Tor des Glaciers di Sebastien Raichon

22 Marzo 2024

REDAZIONE


Questo è il racconto di un viaggio epico, una corsa che va oltre il semplice movimento del corpo. È una storia di sfide, di superamento di sé, di gioia e di dolore, di amore per la montagna e per coloro che ti sostengono lungo il cammino.

Venerdì 8 settembre 2023 alle 20:00 finalmente mi trovo sulla linea di partenza di questa gara che tanto ho apprezzato l’anno scorso. Un lungo viaggio di 450 km intorno alla Val d’Aosta: selvaggio, tecnico, circondato da tante splendide vette.

C’era tanta gente importante intorno a me: i vecchi vincitori Luca Papi, Jules Henri Gabioud e anche suo fratello Candide, Tiaan Erwee, Peter Kienzl e anche la mia Sandrine Béranger insieme a quasi 200 avventurieri in cerca di introspezione e scoperta…

Capitolo 1: Il Mano a Mano con Peter

Dopo molti giorni trascorsi in montagna quest’estate, mi sento più pronto che mai e parto subito nelle strade di Courmayeur all’attacco di questo monumento dell’ultra trail. A differenza dell’anno scorso, molti corridori mi seguono, tra cui un giovane indiano Rao Shashwat che mi sorpassa dicendo che sono la sua idolo… Corre in pendenze impossibili e arriva ai primi due rifugi in testa. Poi mi distacco nella prima grande discesa verso La Thuile con Peter. Inizia un lungo mano a mano. È evidente che ha deciso di accompagnarmi e non mi lascia un attimo, come due ciclisti su strada ruota contro ruota… Teniamo un ritmo infernale. I fratelli Gabioud perdono terreno e arriviamo al rifugio Deffeyes con qualche minuto di vantaggio su di loro, mentre tiaan Erwee e Shashwat sono ancora lì dopo un primo maratona. Ordiniamo un piatto di pasta che inghiotto rapidamente. Vedendomi ripartire, Peter non finisce il suo piatto e mi accompagna… Deve avere paura che mi perda nella mostruosa difficoltà che ci aspetta, il Col de Planaval e la sua discesa tortuosa nella moraine instabile. La discesa procede senza intoppi e detto il ritmo nella lunga salita verso il rifugio degli Angeli. Il sorgere del sole è sublime, le montagne a est sono ricoperte da un arancione potente. Alle 7:30 di sabato raggiungiamo questo bellissimo rifugio arroccato nel bel mezzo del nulla. Nuova breve pausa culinaria veloce. Manteniamo un buon ritmo durante tutta la mattinata ma la calura inizia a farsi sentire avvicinandoci al rifugio Bezzi, dico a Peter di andare avanti e lasciarmi ma lui rifiuta e mi aspetta. Tardo al rifugio e alla fine accetta di partire da solo e lasciarmi come un lupo solitario… Mi piace Peter ma diciamo che preferisco essere solo al mio ritmo e averlo sempre dietro di me è un po’ pesante a volte. Apprendo dell’abbandono di Sandrine, sono molto triste per lei. La giornata che segue sarà una lotta costante contro il surriscaldamento corporeo che minaccia!!! Faccio molta attenzione e cammino tranquillamente nei colli per raggiungere i rifugi Bénévelo Savoia e Emmanuel. Nella lunga salita verso quest’ultimo, vedo Peter 5 minuti sopra di me e questo mi ridà il morale perché pensavo che avesse preso vantaggio… Di vantaggio ne ho quasi 1h30 rispetto alla mia partenza dell’anno scorso e questo nonostante la calura. Anche questo mi dà una spinta e dimostra la mia forma olimpica del momento!

Capitolo 2: La fuga solitaria

Approfitto di una sosta lampo al rifugio Emmanuel mentre Peter si riposa per 5 minuti in un’altra stanza, per partire davanti verso il rifugio Chabod. La frescura della sera mi permette di aumentare il ritmo e di staccare leggermente. L’accoglienza a Chabod è fenomenale e mi fa già versare qualche lacrima. Ingurgito rapidamente la mia bevanda Baobab così ricca di buone cose e anziché dormire come l’anno scorso, decido di affrontare il Passo del Grande Neyron mentre è ancora giorno. I ghiacciai del Gran Paradiso si tingono di rosso e lo spettacolo è grandioso. Vedo Peter e la sua frontale circa 15 minuti dietro di me. 2 guide mi aspettano per aiutarmi a superare questo passaggio di rara tecnicalità in gara. Corde fisse e una scala verticale ci permettono di scendere di 100 metri di dislivello dove l’errore minimo è fatale! Solo gli italiani possono tracciare percorsi in luoghi del genere… Atmosfera incredibile… Il Tor des Glaciers in tutta la sua magnificenza, in tutta la sua follia…

La lunga discesa successiva verso il piede del Col Loson è complicata… Cado con tutto il mio peso su una lastra scivolosa. Batto nella zona del sacro e fa un rumore pazzesco nel mio corpo… Mi rialzo lentamente, un passo dopo l’altro… fa male ma riparto piano piano con un dolore al coccige che mi accompagnerà fino al traguardo. Salgo comunque l’altissimo passo di oltre 3300 metri a un ritmo corretto e raggiungo il rifugio Sella alle 00:30. Decido di fare il mio primo sonno di 1 ora e mezza. Non riesco a mangiare troppo ma questo riposo passa bene e quando mi sveglio Peter sta appena andando a letto. Ho scavato un bel vantaggio in questo inizio di notte e questo mi dà un grosso morale per affrontare la lunga discesa verso Cogne. Mi fermo per 1 ora in questa prima base vita coccolato da Daniela e Sergio. Ho quasi 2 ore e mezza di vantaggio rispetto all’anno scorso e 1 ora e 45 su Peter. I segnali sono al verde ma devo gestire il caldo. Vado bene ai rifugi Grauson e Miserin e decido di mangiare a Dondena tranne che il rifugio non è partner quest’anno. Di fronte alla mia disperazione, il custode accetta gentilmente di darmi del formaggio fresco e succo di pera. Davvero sono tutti adorabili qui… Apprensivo per il seguito perché l’anno scorso mi ero ammalato nel terribile Colle Fracola e quest’anno in più il caldo è terribile. Lo scalpo piano piano, sto finendo l’acqua ma un escursionista accetta di darmi qualche sorso… La discesa che segue e il ripido pendio verso il dormitorio Retempio sono ancora difficili perché la frescura non è ancora calata. Mangio poco e riparto abbastanza velocemente verso il rifugio Bonze. L’accoglienza è di nuovo incredibile, la montagna risuona dei loro incoraggiamenti e delle campane. È meraviglioso… Grazie! Decido di dormire a Donnas e mi lancio rapidamente in questa discesa infinita… Alle 21:38 di questa domenica sono alla seconda base vita. Il mio sacco non c’è… Dormo 1 ora e mezza curato nel frattempo da un fisioterapista. Al mio risveglio finalmente posso cambiarmi e mangiare un po’ ma non ho potuto caricare il mio telefono e mi darà fastidio per molto tempo perché dovrò risparmiarlo e quindi ascoltare pochissima musica… Riparto ascoltando tutti i messaggi del mio fan club, fa un gran bene!

Direzione il rifugio Coda, luogo per me mitico del Tor perché la sua posizione è bellissima e l’accoglienza è folle. È completamente notte questa volta quando raggiungo lo splendido crestone attrezzato con corde e gradini che porta al rifugio. Penso che alle 5 del mattino Coda sarà addormentato e invece… Clacson campane e “dai Sébastien” urlati nella montagna, piango e ricevo una dose incredibile di adrenalina. Vado veloce deciso a allungare il vantaggio di buon mattino in questa parte molto tecnica del Tor prima che il sole si alzi. Per una volta non dormo per raggiungere Barma e alle 12:00 sono a Niel la Gruba con 6 ore di anticipo rispetto al mio tempo dell’anno scorso… Peter si aggrappa 2 ore dietro, speravo in meglio, è forte e non molla nulla! Il capo della Gruba mi delizia con crepes al formaggio e polenta. Un fisioterapista mi mette delle fasciature sui tibiali perché sto cominciando ad avere dolori ai muscoli anteriori della gamba. Vado rapidamente verso l’ultima base vita di Greysonney. Daniela e Calogero, i miei amici fisioterapisti, mi fasciano i piedi e i tibiali mentre dormo un po’.

Capitolo 3: Gestione della crisi e il miracolo

Riparto prima delle 18:00 dalla base vita e salgo rapidamente verso il rifugio Sitten, poi la notte cade e passo dal Col Bettoleina vicino al Monte Rosa prima della discesa molto tecnica verso il rifugio di Frachey. Appena inizio a correre nel ghiaione, un dolore acuto mi trafigge il muscolo anteriore della gamba sinistra, non posso correre e il dolore è insopportabile. Niente va bene, non trovo i ometti di pietra e le frecce in questo caos roccioso, perdo la mia torcia mentre cerco di cambiare una batteria e ci metto alcuni minuti a trovarla grazie alla luce del mio telefono. Proseguo nella discesa camminando sulle uova, ogni volta che provo a correre, il dolore mi richiama all’ordine… La mia mente è confusa, come fare 120 km così? All’arrivo al rifugio penso che non avrò altra scelta che abbandonare. Beh, tanto avevo programmato di dormire 1 ora e mezza, i guardiani mi danno del ghiaccio e mi spalmano la gamba con una pomata all’arnica. Dormo e mi sveglio con apprensione. Metto il piede a terra e non sento nulla, cammino fino alla cucina, mangio un po’ e riparto senza calzini e i lacci appena stretti come i miei studenti con le loro splendide nuove scarpe da ginnastica da cinema. Dai Sébastien, vedrai com’è e magari passa! Per fortuna riparto con una salita dolce di diverse ore verso il piede del Cervino. Uso la tecnica di rilassamento del muscolo consigliata da Sergio e mi rendo conto nelle discese successive che il dolore è scomparso… Applico più volte la pomata. Che miracolo… Nel frattempo dietro di me Peter è esploso mentre pensavo che ne avrebbe approfittato per tornare indietro visto che ho appena perso 1 ora e mezza in questa storia. Ma è Tiaan Erwee che ha colto l’occasione per tornare a soli 3h30 dalla seconda posizione… Arrivo all’hotel Stambecco alle 6:10 di martedì prima dell’organizzazione ma per fortuna la colazione è self-service. Sosta lampo, voglio ripartire con la freschezza del mattino verso il piccolo e magnifico rifugio Perruca Vuillermoz. Il sentiero a mezza costa è sublime e slalommo tra stambecchi e camosci… Oggi ci sono delle nuvole e fa bene. Ho 8 ore di vantaggio al rifugio rispetto al mio tempo del 2022, è incredibile. Proseguo verso il rifugio Parayer passando sotto la pioggia in un tratto molto tecnico con corde. Mi concedo un pisolino di 20 minuti alle 14:00. La mia idea è di affrontare l’ultima grande difficoltà, il Monte Gelé, di giorno quindi sono in modalità attacco fino al rifugio Crête Sèche che raggiungo alle 18:00. 30 minuti dopo e con lo stomaco ben pieno, affronto il mostro…

Capitolo 4: In balia della tempesta

L’ascension è lunga e complessa e mi butto nella discesa verso le 20:30 dopo che la guida lassù nel bel mezzo del nulla mi ha indicato vagamente la direzione da seguire. Guardiamo il cielo e mi confida che non è affatto buono, che sta arrivando un temporale… Bisogna seguire gli ometti di pietra in un caos di roccia, lastre, ruscelli… Il tracciato GPS del mio orologio non corrisponde al percorso degli ometti. Rimango sugli ometti ma la notte cala proprio mentre pioggia e temporale mi colpiscono… Tutto diventa scivoloso, i lampi, il tuono che rimbomba creano un’atmosfera da fine del mondo o da guerra nucleare. Che momento di vita !!!! Faccio molta attenzione e ricordo che un bivacco in cemento è a circa 1 ora più in basso. Un buon rifugio che devo assolutamente trovare… Devo fare 0,5 km/h, faccio fatica a vedere gli ometti… è infinito e mi sento miserabile… trovo un segnavia poi un altro ma lo prendo nella direzione sbagliata e mi ritrovo a girare in tondo a 500m dal Bivacco Regondi. La pioggia si intensifica, torrenti impazziti si formano ovunque in mezzo a questo caos. Dopo lunghi minuti vedo davanti a me questa casetta. 2 escursionisti sono lì e si svegliano di soprassalto! Mi tolgo rapidamente i vestiti bagnati per infilarmi sotto una coperta per 1 ora e mezza di sonno. Salvato…

Al mio risveglio, la pioggia è cessata e posso ripartire serenamente verso il rifugio Champillon. Lunghi tratti mi permettono di ascoltare i numerosi messaggi dei miei amici e della mia famiglia e questo mi riscalda bene! Guardo anche il live e mi rendo conto che Tiaan era al riparo durante il temporale e che ho perso molto tempo, ho solo 2 ore di vantaggio e ancora una dozzina di ore di gara.

Il rifugio mi delizia con la sua tradizionale tartiflette. Proseguo verso l’hotel Italia su questo tratto un po’ monotono con piatti. Tiaan che corre il maratona in 2h20 probabilmente sta ancora tornando… Non bisogna addormentarsi !!!

Capitolo 5: Risollevarsi con energia!

Lascio l’hotel e i suoi adorabili padroni sotto un diluvio di pioggia con un sacchetto della spazzatura in più sulla giacca. 5 patous si prendono cura rapidamente di tenermi sveglio! Mi dirigo a buon passo verso il magnifico Col des Ceingles prima di scendere verso il rifugio Frassati. Molti giornalisti e videomaker mi aspettano e questo mi dà una spinta! Affronto il Col Malatra come un pazzo, per la prima volta di giorno. Sublime. I miei piedi iniziano a farmi male e rallento nella discesa. Mi rifornisco una ultima volta a Entre deux sauts. Poi affronto la salita verso i Monts de la Saxe dove per caso incontro Nolwenn e Virginie, due trailiste che alleno il giovedì sera con Tom. La discesa verso Courmayeur mi è difficile quest’anno ed è ora di attraversare il traguardo.

Alle 14:29 di questo mercoledì 13 settembre, attraverso l’ultima strada del centro, vedo quel traguardo sognato, mi viene passata una bottiglia di Prosecco, non ho l’energia per saltare, mi accontento di alzare le braccia… Attraversare un traguardo in testa in una gara del genere è semplicemente una fortuna folle.

114 ore e 29 minuti di gara, di cui 7 ore di sonno, 452 km, 32000 metri di dislivello positivo. 10 ore meglio dell’anno scorso, 20 ore meglio del record di due anni fa. Numeri stupefacenti anche per me… Pensavo di poter fare meglio dell’anno scorso ma così tanto e con i problemi degli ultimi due giorni, è fantastico.

Riuscirò a lasciare Courmayeur e la Valle d’Aosta visto quanto è dolce la vita qui e quanto rispettoso è lo sguardo che ricevo…?

Il Tor des Glaciers è davvero la gara più difficile e più bella della mia carriera sportiva individuale…

© 2024 TORX | Photo: Alessandro Zambianchi | Zzam! Agency

Un enorme ringraziamento alla mia famiglia, ai miei amici il cui sostegno è un motore costante. A volte mi chiedo perché faccio gare del genere? Perché mi nutrono, mi realizzano, mi trasportano in sfere senza tempo. Perché mi sento vivo più che mai. Perché percorrere la montagna giorno e notte è una contemplazione continua e sorprendente. Perché superare i propri limiti è un gioco che mi diverte e mi interessa.

Ma per chi lo facciamo? Solo per sé stessi? No, non credo, io lo faccio anche per gli uomini e le donne che amo e che per procura vivono anche le mie avventure e ne provano un senso di benessere… lo faccio anche per i miei studenti, per mostrare loro che nella vita la fiducia in se stessi può permetterci di andare avanti, progredire e semplicemente essere felici…

Un enorme ringraziamento all’organizzazione, ai volontari, ai fisioterapisti, ai rifugi partner.

Un enorme ringraziamento ai miei sponsor, al mio fornitore di attrezzature Altore trail running, al negozio Running Conseil Avignon, a TSL, alla frontale Stoots, a Garmin.

Un enorme ringraziamento a My Natural Origin che mi propone prodotti alimentari adatti, inclusa la famosa bevanda al Baobab.

Ora tocca al recupero perché tra un mese mi dirigo in Sudafrica per i Campionati del Mondo di raid avventura con Sandrine Quentin e Adrien, per concludere questo anno sportivo in apoteosi…



Continuano gli studi del CERISM sui partecipanti al Tor Des Glaciers
Il Tor des Glaciers di Sebastien Raichon
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